La dipendenza affettiva, da cosa ha origine?

La dipendenza affettiva affonda la propria origine nel passato affettivo e relazionale ed in particolare nel rapporto instaurato durante l'infanzia con i genitori. Probabilmente quest'ultimi hanno lasciato insoddisfatti i bisogni infantili costringendo i bambini i cui bisogni d’amore rimanevano inappagati ad adattarsi imparando a limitare i loro bisogni.

Cos’è la dipendenza affettiva?

La dipendenza affettiva è, come tutte le dipendenze, un modo di cercare al di fuori di noi stessi la stima, l’attenzione e l’amore che non sono stati percepiti quando eravamo bambini.

Un modo che il bambino utilizza per “sopravvivere” al dolore della separazione dai genitori o in presenza di genitori “assenti” emotivamente. Ad oggi la patologia è ancora più rafforzata dall’utilizzo spasmodico degli smarthphone in qualsiasi attività della nostra vita. Il bambino impara che l’amore è qualcosa di sfuggente, di non empatico e, da adulto, cercherà la stessa tipologia di Amore, semplicemente perché nel suo vocabolario, (o mente inconscia, o metaforicamente come in un hard disk interno) ha una definizione o un programma errato che continua a girare nel suo subconscio.

Ma vediamo di approfondire un po’ questa problematica molto diffusa che rende le persone inconsapevolmente ma volutamente schiave del proprio partner, per una sorta di auto-lesionismo che ha origini molto profonde nella storia di chi si ritrova ad essere dipendente. Infatti “la colpa” o meglio la responsabilità, non è del partner, né dei genitori, ma soltanto della persona, fin quando non decide di prendere in mano le redini della sua vita, come d’altronde per ogni dipendenza. E la buona notizia è che lo si può fare, con risultati sensazionali per la Tras-formazione personale!

ORIGINI DI UNA DIPENDENZA AFFETTIVA (da fonti varie)

dipendenza affettiva cause e rimediLa dipendenza affettiva affonda la propria origine nel passato affettivo e relazionale ed in particolare nel rapporto instaurato durante l’infanzia con i genitori. Probabilmente quest’ultimi hanno lasciato insoddisfatti i bisogni infantili costringendo i bambini, i cui bisogni d’amore rimanevano inappagati, ad adattarsi imparando a limitare i loro bisogni. Questo processo di limitazione può portare al formarsi di pensieri del tipo: “I miei bisogni non hanno importanza”o “non sono degno di essere voluto bene”.

Da adulti, questi “bambini non amati” dipendono dagli altri per quanto concerne il proprio benessere psico-fisico e la soluzione dei loro problemi. Vivono nella paura di essere rifiutati, scappano dal dolore, non hanno fiducia nelle loro capacità e si giudicano persone non degne d’amore.

I primi anni della vita, tra l’altro, sono fondamentali nel formare la propria autostima e i genitori giocano un ruolo essenziale nella sua creazione. L’autostima si sviluppa in maniera negativa o positiva a seconda l’esperienza vissuta, durante l’infanzia, con gli adulti significativi e continua a svilupparsi durante tutta la vita.

Di fronte ad un genitore freddo e non affettivamente disponibile, il bambino potrebbe mantenere il suo equilibrio affettivo cercando di minimizzare un comportamento dipendente verso un genitore che ha queste caratteristiche, con tutti gli effetti negativi che può comportare questo tipo di attaccamento verso la figura adulta (Bridges, Denham e Ganiban, 2004).

Nel contesto dell’equilibrio, questa condizione potrebbe essere adattiva in quel momento, ma quel comportamento d’equilibrio (lo stile di attaccamento equilibrato verso il genitore), tolto dal repertorio infantile perché risultato non adattivo con quella figura parentale, potrebbe portare il bambino ad uno sviluppo emozionale deviante e condurlo a problemi emotivi e comportamentali, compresa la scelta di partners non disponibili affettivamente (Bridges et al., 2004).

Varie ricerche sono state condotte in tal senso.

Werner e Silbereisen (2003), hanno riscontrato in una loro ricerca, che le ragazze che hanno un rapporto conflittuale con il proprio padre e non compiono esperienza di sostegno da parte sua, hanno maggiori probabilità di coinvolgersi in relazioni affettive patologiche. Un’insana relazione uomo-donna vissuta all’interno della famiglia sembrerebbe influenzare lo sviluppo delle scelte affettive femminili inducendo le donne, che hanno vissuto quest’esperienza negativa con il proprio padre, alla scelta di partners devianti. Anche donne che hanno vissuto una relazione affettiva deviante con il proprio padre, fatta di abusi sessuali e psicologici, risultano più fragili rispetto a quelle che invece hanno avuto una relazione serena ed appagante con il proprio genitore (Miller, 1994; Werner et al., 2003). La fragilità di queste donne sembrerebbe condurle verso relazioni affettive in cui elemosinano attenzioni e continue conferme da parte del proprio partner perché quando l’altro non c’è, il suo pensiero, non basta a rassicurarle (Amaro e Hardy-Fanta, 1995).

Bieber e Bieber sostengono che le persone affette da dipendenza affettiva non hanno avuto colla figura paterna un rapporto di stima e di scambio amorevole generando così un’immaturità psico-affettiva. Il loro parere è che un padre problematico per vari motivi non permette al figlio una facile identificazione. Lo stesso dicasi per una figura materna iperprotettiva che crea confusione affettiva nel figlio. Quest’ultimo svilupperà odio verso il padre contrapposto alla madre che verrà vissuta come accogliente.

QUAL E’ IL PROFILO PSICOLOGICO DI UNA PERSONA DIPENDENTE AFFETTIVA?

L’emozione prevalente consiste nel timore della disapprovazione e dell’abbandono. Queste persone hanno una carenza di autostima, per cui fanno dipendere il proprio valore di persona dagli altri e/o comunque da qualcosa di estraneo a sé stessi. Non si crede di meritare di essere amati per come si è. Non ci si sente interessanti, degni di essere accettati, accolti e amati. Dominati da questi timori, le persone mettono al primo posto tutto tranne che sé stessi. Ciò vale in qualsiasi campo della vita: non solo negli affetti, ma anche in famiglia e sul lavoro. 

Perché si parla di una dipendenza affettiva?

Perché (erroneamente) si pensa che il proprio benessere dipenda un altro, per cui si finisce col mettere la propria vita nelle mani di questo altro e si accetta che costui faccia di tutto. Pur di ottenere affetto, stima e riconoscimento del proprio valore, si accettano compromessi indecenti e di ogni genere, verso una dimensione che annulla la propria dignità: si dice sempre di si alle richieste esterne, non riuscendo a mettere confini a quanto si è disposti a subire. In altre parole, la strada per ottenere affetto è quella di annullarsi come persona, rendendosi schiavi del partner. Per queste persone, l’unico modo, l’unica strada possibile per ottenere l’amore è quella di piegarsi alla volontà dell’altro. Queste persone sono dominate da una fame interiore insaziabile ma soprattutto insopportabile: è una fame di sicurezza, di conferma del proprio valore, di riconoscimento dall’altro. È una fame insopportabile: pur di non sentirla, si cerca e si fa di tutto per tentare di saziarla.

Come?

Assoggettandosi e piegandosi alla volontà dell’altro.
Il tentativo è dunque quello di saziare, in un modo perverso e alla lunga inefficace, questa fame attraverso modalità relazionali dipendenti dall’esterno (il partner nel caso delle dipendenze affettive) che transitoriamente danno l’illusione di saziarla, ma che di fatto lasciano le cose invariate. 
La dipendenza affettiva inizia dove finisce la capacità di vivere una relazione con libertà e spontaneità. Quando l’altro non è più libero di “essere”, ma è “costretto” ad assumere un ruolo, l’amore diventa compensazione di qualcosa che riempie  i nostri vuoti, controlla le nostre paure, seda i nostri bisogni. Il rapporto non diventa più un incontro tra due persone, ma soltanto dipendenza e limitazione reciproca, responsabili di un dolore psicologico talmente violento da essere difficilmente sopportabile. Lentamente ma inesorabilmente si avvia un percorso di auto-costruzione di barriere che imprigionano invece di rassicurare: il risultato finale porta chi “ama troppo”
a rinchiudersi in una sorta di gabbia
.

Questa gabbia nasce dalla convinzione di non meritare affetto, dal vivere in funzione dei bisogni di un altro, cercando di controllarlo e di assecondarlo in ogni modo nella speranza di riuscire ad avere attenzione ed amore. Nelle persone che sviluppano una dipendenza affettiva sono presenti in genere le tendenze a:

1. disconoscere i propri bisogni emotivi.
2. limitare le proprie aspettative in funzione del partner.

Queste tendenze sono finalizzate, in modo più o meno inconsapevole, a nutrire l’autostima in modo vicario, cioè attraverso il controllo del partner. Il tentativo di cambiare l’altro “serve” quindi per alimentare la propria autostima.

Il ragionamento della persona è più o meno il seguente:
“Mi sento bene se riesco a cambiarti così come io ti vorrei.
Per stare bene, devo cambiarti”
.
“Se mi comporto come io vorrei che tu ti comportassi, tu ti comporterai come voglio io, così da non deludere la mia aspettativa e non trasgredire il mio regolamente (tacito)”.
“Se tu trasgredisci il regolamento tacito, io sono autorizzato/a a vendicarmi, reagire, etc.”.

Il nutrimento dell’autostima deriva quindi dagli sforzi e dai tentativi di cambiare, “guarire”, e/o salvare il partner.


Quali le conseguenze di una dipendenza affettiva?

Innanzitutto una sofferenza psichica che si manifesta in modi differenti: da generici sentimenti di insoddisfazione e di frustrazione fino a veri e propri disturbi di tipo depressivo. In secondo luogo, aumenta il rischio di esporsi a violenze psicologiche e fisiche: chi ha una dipendenza affettiva è spesso portato a scegliere partner incapaci di dare un autentico affetto, se non addirittura violenti e deviantiChi è dipendente affettivamente spesso è a rischio di violenza psichica e fisica.

L’aspetto forse più sorprendente consiste comunque nella volontà di mantenere la scelta di un partner non disponibile affettivamente, frustrante, tiranno e spesso violento. D’altra parte tale scelta viene mantenuta e “difesa” a denti stretti perché è erroneamente considerata quella in grado di alimentare la propria autostima. Questa scelta, inoltre, illude di soddisfare il bisogno di avere vicino una presenza rassicurante, che fornisca il tanto desiderato bisogno di protezione.

Secondo Alice Miller, alla base di tale scelta c’è quella che lei stessa ha definito “speranza distruttiva”: attraverso il partner, si cerca in modo simbolico di trasformare un genitore tiranno in una creatura amorevole. La “vittima” (colei/colui che dipende affettivamente) non vuole rinunciare alla speranza che un giorno il partner mantenga la promessa da lei percepita nei primi contatti e le mostri cos’è l’amore. Attraverso questo tortuoso ed impervio percorso, la scelta di un partner non disponibile affettivamente avrebbe quindi il significato simbolico di cancellare le umiliazioni subite e negate nell’infanzia.

 

Cosa l’amore vissuto in coppia è…

Amare una persona è…

Averla senza possederla.

Dare il meglio di sé senza pensare di ricevere.

Voler stare spesso con lei,

ma senza essere mossi dal bisogno di alleviare la propria solitudine.

Temere di perderla, ma senza essere gelosi.

Aver bisogno di lei, ma senza dipendere.

Aiutarla, ma senza aspettarsi gratitudine.

Essere legati a lei, pur essendo liberi.

Essere un tutt’uno con lei, pur essendo sé stessi.

Ma per riuscire in tutto ciò, la cosa più importante da fare è…

accettarla così com’è, senza pretendere che sia come si vorrebbe.

 


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La dipendenza affettiva, da cosa ha origine?ultima modifica: 2017-10-03T11:31:01+02:00 da francesco mazza

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